Il DLgs 276/2003 definisce il lavoro intermittente come il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione del datore di lavoro per svolgere "prestazioni di carattere discontinuo o intermittente", secondo le esigenze individuate dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriale.
A chi si rivolge
Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriale o per periodo predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. Tra quelle più comuni: camerieri, e addetti al ricevimento nei pubblici esercizi, operai addetti alle pompe stradali per la distribuzione di benzina, barbieri e parrucchieri nelle città con meno di 100 mila abitanti e commessi nelle città con meno di 50 mila abitanti. Come stabilito dall'art. 34, comma 2 del DLgs 276/2003, il contratto di lavoro a chiamata può in ogni caso essere stipulato da:
- lavoratori con meno di 25 anni
- lavoratori con più di 45 anni anche pensionati.
Il DLgs 251/2004 ha disposto la possibilità di ricorso al lavoro intermittente, per prestazioni da svolgersi durante i weekend, le ferie estive o le vacanze natalizie e pasquali, nei pubblici esercizi.
Come funziona
L'art. 33 stabilisce che il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato. Se il lavoratore si obbliga contrattualmente alla chiamata riceve un'indennità di disponibilità per i periodi di inattività. L'art. 36, commi 1-5 stabilisce che la misura dell'indennità è stabilita dai contratti collettivi, nel rispetto dei limiti minimi fissati con decreto ministeriale. Il Ministro del Lavoro, con decreto 10 marzo 2004 ha definito la misura minima dell'indennità nel 20% della retribuzione prevista dal Ccnl applicato.
L'indennità non spetta in caso di malattia oppure di altro evento che renda impossibile la risposta alla chiamata. Il rifiuto di rispondere alla chiamata senza giustificato motivo può comportare la risoluzione del rapporto, la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto, e il risarcimento del danno la cui misura è predeterminata nei contratti collettivi o, in mancanza, nel contratto di lavoro.
Forma e disciplina del contratto
Il contratto deve essere redatto per iscritto e deve contenere l'indicazione di una serie di elementi previsti dall'art. 35: durata, ipotesi che ne consentono la stipulazione, luogo e modalità della disponibilità, relativo preavviso, trattamento economico e normativo per la prestazione eseguita, ammontare dell'eventuale indennità di disponibilità, tempi e modalità di pagamento, forma e modalità della richiesta del datore, modalità di rilevazione della prestazione, eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività svolta. Non è possibile ricorrere al lavoro intermittente per: sostituire lavoratori in sciopero; nelle unità produttive in cui, negli ultimi sei mesi si è fatto ricorso ai licenziamenti collettivi, oppure sono in corso sospensioni di rapporti o riduzioni d'orario con Cig per le stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente; da parte di imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'art. 4 del DLgs 626/1994.
Dal punto di vista degli adempimenti amministrativi da parte del datore di lavoro, anche per il contratto intermittente valgono le disposizioni del decreto legislativo n. 297 del 2002 e dunque l'invio della comunicazione ai servizi per l'impiego competenti entro 5 giorni dall' assunzione. Con l'unica differenza che il datore di lavoro sarà tenuto a una comunicazione iniziale, al momento della stipula del contratto, e non quindi per tutte le successive chiamate. Allo stesso modo, l'iscrizione al libro paga e matricola e la comunicazione all'Inail, dovranno essere effettuate solo una volta, al momento della stipula del contratto.
Normativa di riferimento
- Decreto Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali 10 marzo 2004 - Decreto legislativo 276/2003, artt. 33-40.
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